Il Parco del Gran Sasso è una delle aree protette più estese d’Italia e vanta una biodiversità tra le più ricche d’Europa. Incastonato nel cuore dell’Appennino, si estende fra la catena del Gran Sasso e quella dei Monti della Laga, a cavallo fra Abruzzo, Lazio e Marche.
Il Corno Grande, che domina la catena Gran Sasso, è la cima più alta degli Appennini con i suoi 2.914 m slm. Il Corno Piccolo, il Pizzo Cefalone, il Monte Prena, fanno da cornice alla vastissima piana di Campo Imperatore. Sopravvive, sul Gran Sasso, anche il ghiacciaio più meridionale d’Europa: il Calderone. Istituito nel 1995, il parco mira a tutelare il territorio, la flora, la fauna e le produzioni tipiche. Centinaia di sentieri marcati e geo-referenziati consentono di scoprire questa montagna e i suoi rifugi in ognuna delle quattro stagioni dell’anno.
Uno scrigno di biodiversità
Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, istituito nel 1995, si estende per centocinquantamila ettari e, con 2364 specie censite, è una delle aree protette dalla maggiore biodiversità vegetale in Europa.
La componente floristica più preziosa è senz’altro legata agli ambienti delle alte quote, dove persistono i cosiddetti “relitti glaciali”: piante endemiche come l’Androsace di Matilde, l’Adonide ricurva, la Viola della Majella, la Stella alpina dell’Appennino, il Genepì appenninico e diverse specie del genere Sassifraga.
Alcuni endemismi si riscontrano anche alle quote più basse, come nel caso del Limonio aquilano e dell’Astragalo aquilano, esclusive di quest’area.
Inoltre in primavera si può osservare, alle pendici del Gran Sasso, la straordinaria fioritura dell’Adonide gialla, specie a lungo ritenuta estinta, che qui vegeta nella sua unica stazione italiana. Anche in questo vasto parco, troviamo gli animali tipici dell’Appennino centrale che la meritoria azione di protezione garantita dalle tante aree protette d’Abruzzo (Parco Naturale del Sirente Velino, Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e Parco Nazionale della Majella) ha strappato da un’altrimenti certa estinzione.
Troviamo branchi di lupi che predano sistematicamente la florida popolazione di cinghiali, cervi e caprioli che sono ricomparsi, negli anni recenti, per migrazione spontanea dalle altre aree protette vicine. Compare saltuariamente l’orso bruno marsicano, che, con alcuni esemplari, in genere maschi, lascia lo storico parco d’Abruzzo per esplorare nuovi territori
L’animale simbolo del Parco è il Camoscio appenninico, poiché, a cento anni dalla sua estinzione sul Gran Sasso, un progetto di reintroduzione lo ha portato a ricolonizzarne le montagne, dove oggi si contano circa 500 individui. In queste alte quote è racchiusa quella parte di natura più rara e peculiare che maggiormente ricorda i paesaggi alpini ed artici. In questi ambienti, praticamente integri, troviamo specie di uccelli legati ai pascoli ed alle rupi: il fringuello alpino, il gracchio alpino, il gracchio corallino.
Nelle praterie d’alta quota e nei pressi dei sempre più rari appezzamenti di terra oggetto della cosiddetta “agricoltura eroica” troviamo specie come il codirossone, il culbianco, il sordone, il fanello, lo spioncello e l’allodola. Pur nidificando essenzialmente a quote inferiori, non è raro osservare in cielo l’aquila reale, il gheppio e, da qualche anno, l’avvoltoio grifone.
l mito della transumanza delle greggi
Il territorio dal Parco, abitato da millenni, vanta un patrimonio storico-culturale ricchissimo e vario, che va dal Neolitico al periodo italico e romano, dal Medioevo al Rinascimento, integrando reperti, siti archeologici, castelli, borghi fortificati, chiese, abbazie, eremi e mulini.
Abbracciato a nord dalla catena del Gran Sasso, troviamo uno dei paesaggi più spettacolari ed assoluti di questo territorio: l’altipiano di Campo Imperatore che si estende senza interruzioni per 18 km in lunghezza e 8 km di larghezza, per una superficie complessiva di circa 75 km² a una altitudine media di 1800 m slm.
Questa grande piana è stata il cuore storico del sistema della grande transumanza, industria armentaria che portava a imponenti migrazioni stagionali milioni di pecore, dai pascoli estivi dell’Appennino a quelli invernali nelle Puglie. Un complesso ed antichissimo sistema economico che ha forgiato il paesaggio ed ha garantito la base economica per la nascita e la prosperità della città dell’Aquila.
La transumanza ha lasciato una quantità di tesori antropologici ed architettonici a partire dagli stazzi dei pastori fino ad arrivare alle grandi abbazie proprietarie di greggi, alle chiesette campestri sui i tratturi, lungo i quali transitavano le greggi, o le “grance” vere e proprie fattoria di montagna che vennero create dai Cistercensi per agevolare l’allevamento e la trasformazione dei prodotti.
L’importanza di una tale sistema economico giustifica la presenza di una fitta rete di castelli, torri e borghi fortificati a difesa delle greggi e delle comunità che con esse lavoravano. Ricordiamo fra i tanti, il castello di Rocca Calascio, perso nella solitudine di una crinale montano e che domina tutta le vallate circostante con in suoi torrioni circolari in pietra bianca, visibili da chilometri di distanza.